I Film
Biutiful
di Alejandro González Iñarritu, con Javier Bardem, Maricel Alvarez, Diaryatou Daff
uscita in Italia: 4 febbraio
Col messicano Iñarritu è sempre così, sin dai tempi del bellissimo “Amores Perros”, passando per il discutibile “21 grammi”, andando allo splendido – e intrecciatissimo – “Babel”, e finendo con questo potente “Biutiful”: la vita è un mare di sofferenza in cui l’uomo annaspa, spesso affogando, ma qualche volta riuscendo a tenere su la testa quel tanto che basta per scorgere appena la linea – comunque assolata – dell’orizzonte. Insomma, vedere un suo film – questo, in particolare – è un po’ come bersi una bottiglia intera di Nero d’Avola, ma di quello buono (proprio come capita con i drammoni cinematografici, sono tanti quelli che speculano sulle proprie – furbe, e compiacenti – caratteristiche di base), e questo fino a stordirsi con la sua elevata alcolicità, il suo profumo di frutta ipermatura ai limiti dell’andato a male, e il suo colore cupo che impedisce di vederci attraverso. Ma può anche sembrare di mangiare un gulasch fatto di un sugo molto denso e oleoso, e la carne leggermente stracotta, e una densità complessiva – unita a una saturazione gustativa – che ci sembra di dover usare il coltello per staccare i singoli pezzi di carne dal condimento stesso, e i sapori gli uni dagli altri.
Il protagonista – Uxbal, l’eccezionale Javier Bardem – è gravemente ammalato, lo capiamo subito, eppure non può permettersi di lasciare questo mondo: due figli a carico, una ex moglie con dei pesanti problemi psichici che non è in grado di prendersi cura di loro, degli extracomunitari che da un lato sfrutta, facendo vendere loro merce contraffatta, e dall’altro aiuta come se fossero suoi fratelli, ed il fratello vero e proprio, un essere senza coscienza che prende dalla vita tutto quello che può. In più Uxbal ha un ponte diretto con l’aldilà, così che riesce a dialogare con suo padre e l’idea stessa della morte, fino al punto di accettarne il lento – ma inesorabile – decorso.
Più volte, durante la proiezione, ci si chiede il perché di tanto dolore, e anche se sia “morale” il fatto di metterlo tutto insieme per finta, quando c’è la già la vita di fuori a confezionarcelo così bene. Eppure, nonostante gli eccessi, e la tendenza melò che proviene dalle origini sudamericane di Iñarritu, non possiamo non immergerci in questo liquido denso e scuro che è “Biutiful”. Fino a perderci, magari piangere, muoverci in maniera scomposta, fare fatica ad alzarci dalla sedia, quando le luci in sala si accedono di nuovo.
Marco Lombardi