I Film
VENEZIA 2013: Moebius
di Kim Ki-duk, con Cho Jae-hyun, Seo Youngju, Lee Eunwoo. COREA DEL SUD 2013
Ancora a Venezia, l’ultimo Kim ki-duk. E ancora attesa: perché questo film segnava il ri-ritorno alla fiction, dopo il dramma che ha tenuto il regista di “Ferro 3” lontano dal set per 4 anni, e dopo il Leone d’oro dell’anno scorso con “Pieta”. Questo film, insomma, pareva una specie di opera seconda che, come tutte le opere seconde, a volte risulta più difficile della prima.
Il cinema di Kim ki-duk è così passionale da essere talora violento, ma il punto di equilibrio è sempre stato dato dalla poesia, e dall’ironia. Che nei suoi film fanno rima più che mai. In “Moebius” la sfida era peraltro molto forte: perché la storia tendeva più del solito al grottesco, e di lì all’horror. Richiedeva dunque una dose di folle e divertita leggerezza data appunto da quel suo tipico mix di poesia e ironia. Ingredienti che, già da “Pieta”, sembrerebbero peraltro essere in parte evaporati dal suo cinema.
Ecco allora che la vicenda di un ragazzo che la mamma evira per fare del male al marito, che la tradisce con una commessa, risulta essere a tratti troppo violenta, a tratti troppo grottesca, a tratti troppo splatter. Tant’è quando viene evirato un mezzo delinquente per ridare un pene al ragazzo, e il pene stesso rotola per strada in mezzo al traffico, in sala si ride. Ma di una risata infastidita, come pure succede quando il padre offrirà il suo membro per un improbabile trapianto che alla fine creerà più problemi che opportunità. Già, perché dal complesso di Edipo non si esce, nemmeno se rielaborato da Kim Ki-duk.
“Moebius” risulta pertanto come un grande vino a base Nebbiolo che però non ha fatto un sufficiente passaggio in legno. Se ne sente tutta la struttura, ma in modo troppo spigoloso. Andrebbe in parte “arrotondata”, quella complessità; almeno da una botte grande, se non da una barrique, per far sì che la struttura esca fuori in maniera (anche) godibile, non (solo) scomposta.
Marco Lombardi