I Film
Il gioiellino
di Andrea Molaioli, con Tony Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum
uscita in Italia: 4 marzo 2011
Il cinema di Andrea Molaioli, è così: diretto ed essenziale ai limiti del povero, fatta eccezione per alcuni “barocchismi” di macchina che a volte, nel loro essere autocompiaciuti, ne comunicano l’idea opposta. Per questo – caso più unico che raro – può dirsi che “Il gioiellino” ha proprio dentro di sé il suo alter ego cinegustologico. Il latte industriale, appunto. Il quale, anche se di discreta qualità, sempre industriale è, cioè senza fronzoli: né gustativi, né nutrizionali.
Dopo il successo della sua opera prima, “La ragazza del lago”, “Il gioiellino” racconta il crack della Parmalat (che nel film si chiama “Leda”) per raccontare il malcostume trasversalmente imperante nel nostro paese, dall’economia alla politica tutta. Lo fa appunto senza orpelli, salva la scelta – interessante, ma poi poco finalizzata, rispetto alla storia – di scegliere come punto di vista non quello del “padrone”, bensì di un suo “mastino finanziario”, interpretato dal sempre ottimo – anche se sempre troppo esuberante, teatralmente parlando – Tony Servillo.
Una delle cose più interessanti di tutto il film è stata la scelta d’averlo lanciato attraverso la creazione di un marchio, il latte Leda. “È finto o esiste per davvero?”, mi sono domandato in occasione della proiezione stampa, visto che il press-book ne parlava in maniera ambigua, cioè come se fosse stato lanciato in tutto il mondo, e visto che su di un banco, all’uscita della sala, campeggiavano cartoni di latte, e scatole di merendine, e brick per succhi di frutta, proprio come capita negli uffici marketing di una grande multinazionale. “No, è solo un modo per comunicare il film”, alla fine m’hanno detto. “Geniale”, ho pensato: perché se da un lato la vacuità dell’operazione (il marchio esiste o non esiste?) rappresenta alla perfezione quella del marchio – tristemente reale – di cui “Il gioiellino” parla indirettamente, marchio che millantava una credibilità e una solidità che mai aveva avuto, dall’altro il nome Leda potrebbe interessare a qualcuno, se il film sarà di successo. Sapranno resistere, i produttori cinematografici, a un’eventuale proposta di acquisto da parte di imprenditori intenzionati a ripercorrere – almeno dal punto di vista del marketing – le orme della Parmalat? Sarebbe curioso che loro, cioè i produttori cinematografici, dopo aver “contestato” attraverso il film, ne cavalcassero poi la tigre…
Marco Lombardi