I Piatti
Purea di ceci con bocconcini fritti di baccalà
“Rosso”, Roma
Settembre 2013
Le nuove aperture fanno sempre bene a un città, soprattutto se si preoccupano di creare fermento in zone – per un motivo o per l’altro – “difficili”: è il caso di Rosso, inaugurato poco più di un mese fa sulle “sponde” di Viale Aventino, a Roma. Il format scelto non ha segreti, lo si legge a chiare lettere nello slogan: eat – stay – drink, che tradotti significano colazione, brunch, pranzo, merenda e cena, tra banco bar, buffet, ristorante e griglia. Il tutto rigorosamente a vista, sotto la supervisione del giovane chef Matteo Chiappini, già forte di importanti esperienze (Gusto, Il Palazzetto e Hassler, per citarne alcuni).
Sbirciare il menu equivale a un viaggio stuzzicante fra tradizione e rivisitazione, però quella schietta: amatriciana, cacio e pepe e polpetta al sugo, ma anche pincinelle con polpo, pecorino e dragoncello, fettuccine di farro con verdure, mandorle e curry. Poi – anzi, soprattutto – la purea di ceci con bocconcini fritti di baccalà, un piatto tipico della cucina romana che il locale reinterpreta con scienza e dovizia.
Assaggiarlo m’ha riportato tuttavia a un’altra latitudine, e cioè a Napoli e alla sua veracità policroma, così come viene raccontata in “Così parlò Bellavista” (1984) di Luciano De Crescenzo. La vicenda del film ruota tutta intorno al professor Bellavista, un po’ filosofo, un po’ poeta, e alla variopinta umanità - tutta partenopea - che lo circonda. I colori del piatto, tendenti al dorato, richiamano naturalmente i riflessi di una città come Napoli, baciata – sempre e comunque – da un sole generoso, mentre la densità avvolgente della purea mi fanno pensare alla genuinità rustica dei vicoli napoletani, ma ancor di più alle mura domestiche, e ai corridoi condominiali, che spesso fanno da scenario ad alcune fra le più divertenti sequenze del film. Il baccalà poi, turgido e salino, impreziosito da una pastella decisamente succulenta, non fa che raccontare l’anima squisita ed esuberante del popolo napoletano, in cui si ritrovano magicamente – perché insieme – malleabilità e pregnanza, freschezza e amabile sovrabbondanza.
Daniela Dioguardi