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I Vini

Vini muffati
Perfetti sconosciuti
Marzo 2020


Frutta candita, frutta sciroppata, miele e agrumi: questi e altri sono i sentori che stimolano l’olfatto e avvolgono il palato quando si ha a che fare con i vini muffati, che siano italiani, francesi o ungheresi. Si tratta di una bevanda che viene quasi sempre abbinata ai dessert, ma può anche ricoprire il ruolo di vino da meditazione che riesce a rasserenare anche il più tormentato degli animi. Si, ma… solo nei primi trenta secondi.

I vini muffati, infatti, ingannano: appena degustati ci ricordano giardini fioriti, uniti a climi estivi ed esotici; basta però che scendano giù e subito sentiamo tutte le note salmastre, eteree e amarognole che li caratterizzano. Si tratta di vini che – quindi – generano stupore, un’emozione dalla duplice natura che se da un lato è appagante, dall’altro spaventa. Lo sa bene Paolo Genovese, tant’è che l’ambientazione del suo film più noto, “Perfetti sconosciuti”, è sempre la stessa: un appartamento in cui si consuma una cena fra amici da sempre, con coppie che stanno insieme da tempo e altre sposate da poco. Il quadro iniziale è senza dubbio sereno, cioè rassicurante: un contesto in cui lo spettatore si può riconoscere e immergere. Anche in questo caso, però, le apparenze vengono brutalmente cancellate da quelli che sono gli altarini, i segreti e le menzogne che ogni personaggio nasconde e vengono a galla a causa di un gioco – pericoloso e dirompente – che costringe tutti i commensali a mettere il cellulare sul tavolo, rendendo pubblica ogni chiamata o messaggio ricevuti nell’arco della serata. Il gioco si trasforma in tragedia, facendo uscire allo scoperto delle vite nascoste fatte di amanti, tradimenti e omosessualità mai rivelate.

“Perfetti sconosciuti” è un film che fa dubitare di te stesso e di chi pensi non ti possa mai ingannare: proprio come un vino muffato che, alla fine, ti lascia l’amaro in bocca..

Chiara Vasciminni